IL BATTISTERO DELLA
CATTEDRALE DI TRIESTE
LE STORIE DI SAN GIUSTO
La cappella S. Giovanni ospita una terza opera legata alla rigenerazione: cinque pannelli centinati affrescati, celebranti il Martirio di San Giusto. Come il battistero pertinente alla Rinascenza carolingia e il crocifisso romanico, testimone di una rinascita artistica nel Litorale triestino, il ciclo del cosiddetto Secondo maestro di San Giusto è coevo alla rinascita della cattedrale di Trieste in una nuova veste gotica, congiungendo le due preesistenti basiliche romaniche: operazione decisa durante l’episcopato di Rodolfo Pedrazzani (1302-1320) ed eseguita entro la metà del secolo.
IL FONTE ESAGONALE
IL FONTE ESAGONALE
AFFRESCHI
STORIE DI SAN GIUSTO
Le cinque scene a fresco trecentesche coprirono il precedente ciclo di fine-inizio XII-XIII secc. nell’abside del sacello. Nel 1704 vi furono sovrapposte cinque tele omotematiche, dipinte dal veneziano Antonio Panza. Esse furono trasferite a metà dell’Ottocento nell’abside maggiore della cattedrale, al posto degli affreschi eliminati di Antonio Baietto e di Domenico Lu Domine. In quell’occasione furono restaurati gli affreschi trecenteschi e si scoprì un precedente strato figurato. Nel 1921 fu condotto un restauro più approfondito, nonostante il quale non fu possibile salvare la scena della Fustigazione di San Giusto. Tra il 1959 e il 1960 avvenne il distacco definitivo di tutti i cinque riquadri, che dopo ulteriori restauri a fine anni Sessanta furono impiantati su pannelli e finalmente esposti nella cappella S. Giovanni.
Secondo maestro di San Giusto, Ritrovamento del corpo del santo - dettaglio
L’identità artistica del Secondo maestro di San Giusto s’inserisce in quella schiera di seguaci di autori importanti, fioriti a seguito della rivoluzione giottesca. Sono state evidenziate affinità con le Esequie e i Miracoli di San Nicolò, eseguite nella cappella omonima del duomo di Udine da Vitale da Bologna, che fu sicuramente presente nella città friulana tra 1348 e 1349. Il sistema coreografico delle scene e il tipo di abbigliamento paiono essere stati accolti dal pittore triestino, cosi come la tensione drammatica dei personaggi. A Udine Vitale ha raggiunto un livello di maturità, che lo ha portato a smorzare la gestualità irruenta degli anni Trenta, che anima la scena di San Giorgio che uccide il drago, o la Crocifissione di Madrid. Le figure sono inoltre contenute entro forme regolari, prive di quel suo tipico goticismo ondulatorio di opere precedenti - la Madonna dei denti (1345) - o successive, come la Madonna dell’Umiltà (1353), di nuovo smorzato al minimo nella Madonna dei Battuti e nell’Adorazione dei Magi (entrambe tra il 1350 e il 1355).
Secondo maestro di San Giusto, Il santo prega nel carcere
Poco dopo la metà del XIV secolo un altro grande autore emiliano, Tommaso da Modena, sicuramente venuto a conoscenza da giovane dell’arte di Vitale, si trovò a lavorare a Treviso, realizzando tra le altre opere le celebri Storie di Sant’Orsola, nella chiesa S. Caterina. Il Secondo maestro di San Giusto dimostra diversi punti di contatto con Tommaso, come nella concezione spaziale e soprattutto nella trattazione delle figure. In questo settore però l’autore di Trieste mantiene una levità astraente di cultura gotica, che invece è superata dal maestro emiliano, alla ricerca e nell’ottenimento di una corposità realistica del tutto nuova, animata da una contestuale marcatura espressiva dei lineamenti facciali, proiettandosi con decisione ad anticipare sviluppi della poetica figurativa del secolo successivo.
In altri aspetti descrittivi quali le bocche dal labbro superiore pronunciato, gli occhi leggermente a mandorla e le dita delle mani stilisticamente allungate, il pittore triestino si avvicina piuttosto al modo di Guariento; quindi ancora a un ambito produttivo non remoto dal Friuli. Gli studi specialistici hanno portato a inquadrare il maestro attivo a Trieste in quel gruppo di artisti attivi in Friuli, i quali furono a diretto contatto con i due celebri maestri emiliani e utilizzarono queste acquisizioni in opere successive, quali ad esempio il ciclo in S. Maria Maggiore di Spilimbergo.
Guariento di Arpo, Conversione di Sant’Agostino, Agostino e Alipio (1338). Padova, Chiesa degli Eremitani
Secondo maestro di San Giusto, Il santo giudicato da Manazio
Secondo maestro di San Giusto, Il santo appare in sogno al presbitero Sebastiano
La letteratura ha inoltre riconosciuto nel Secondo maestro di San Giusto l’autore anche della fascia absidale inferiore nella basilica patriarcale ad Aquileia. Si confermano le puntuali affinità in due frammenti con scena di battesimo e di un santo orante, ma soprattutto nel volto di Redentore, di indubbia somiglianza con quello di San Giusto offerente la città di Trieste. Il dato storico che vede Trieste sotto il dominio temporaneo del patriarca Marquardo di Randeck a partire dall’estate del 1380, ha suggerito di collocare in questo periodo il Martirio di San Giusto, ossia qualche anno dopo l’affresco di Aquileia, dove è ancora visibile il volto del Salvatore, di straordinaria somiglianza col volto di San Giusto, nel riquadro centrale dedicatorio.
Il Martirio di San Giusto ivi illustrato scorre su due registri diversi: nelle lunette sono gli episodi dal processo all’esecuzione della condanna; nei campi sottostanti i momenti relativi al ritrovamento. Nel processo San Giusto è raffigurato tra due soldati davanti a un trono con baldacchino, ove siede il prefetto Manazio. Nella seconda lunetta San Giusto viene portato da due soldati in carcere; quivi in un secondo momento il santo prega nel carcere, rappresentato da una torre sopra un colonnato, mentre i due soldati dormono. Nell’episodio perduto della fustigazione comparivano Manazio che comandava la pena corporale e San Giusto, orante, che la subiva. La quarta scena del martirio vede il santo con le mani legate dietro la schiena, condotto alla barca, dalla quale sarà gettato in mare con un masso legato al corpo.
Nel registro inferiore, tornando a sinistra, si vede nel primo riquadro una ricca veduta architettonica urbana, mentre in primo piano, davanti a un decorato tendaggio da scena San Giusto appare in sogno al dormiente presbitero Sebastiano. Nel secondo episodio Sebastiano esce da una porta turrita della città, assieme a due diaconi e alcuni fedeli, indirizzandosi verso il corpo del santo giacente sulla riva del mare. Nel terzo riquadro il feretro avvolto da un ricco paramento decorato viene portato a braccia, seguito da un numeroso corteo e preceduto da Sebastiano e da un ministrante con la croce. Il funerale dell’ultima scena si apre con la deposizione del corpo nell’arca, seguita da Sebastiano che recita le orazioni da un libro sorretto da un ministrante, mentre un altro che implorano la guarigione da parte del martire. Interessante l’accurata illustrazione della chiesa, davanti alla quale avviene la scena. È dipinta di rosso ed è descritta con campanile a vela sopra l’estremità presbiteriale e un rosoncino in facciata, e presenta quattro finestre lungo il fianco. Ne può derivare il tentativo per una sua identificazione precisa.
Sito realizzato da Giovanni Luca