SEQUENZA DI ROSONI

    Quanto a presenza di rosoni, il territorio di Trieste offre l'occasione di una rassegna singolare, proponendo un esemplare per ogni periodo significativo.  

    Si inizi dalla chiesa S. Silvestro, dove un esempio assai precoce trova nelle ipotesi come datazione più bassa la fine del XII secolo o il primo quarto del XIII.  In esso pare non volere esaurirsi la linfa del Romanico, pure nello schema gotico incipiente che si contrassegna nel trilobo e nelle rosette a rilievo centrali con tlrettanti trilobi alle congiunzioni degli archetti. Tale conduzione non è sufficiente tuttavia ad alterare l'euritmia dell'intera struttura, la cui corolla di archi permette una fluida e misurata percezione ottica.

Il rosone più conosciuto a Trieste è quello della Cattedrale, ascrivibile con buona approssimazione alla metà del XIV secolo, contestualmente ai lavori di unificazione delle precedenti aule parallele avviati dal vescovo Pedrazzani. Qui sembra dominare la lingua veneziana, che si esprime in una sintassi gotica matura. Compare un largo ricorso al debito grafismo di questa cultura artistica, che utilizza l'intreccio degli archetti a tutto sesto per ottenere nell'intersezione archetti a sesto acuto. I settori esterni alle circonferenze sono lavorati a forma di giglio, colmando in tal modo una parte del vuoto rimanente.

La cultura veneziana torna a essere rappresentata nel 1467 nel rosone del Duomo di Muggia, dove ricompare il tema del trilobo già incontrato a S. Silvestro, in questo caso quasi un'anticipazione nel tardo Romanico dei futuri sviluppi umanistici. Il calligrafismo gotico viene cosí piegato agli obiettivi morfologici del Quattrocento, in modo non dissimile da quanto avviene in pittura e in scultura; e un'ulteriore testimonianza è data dalla ghiera dentellata perimetrale. Alla fine si compie il trapasso di un'espressione matura verso un'altra appena nata, portando col gruppo scultorio centrale della Madonna con Bambino alla piena applicazione della filosofia artistica veneta, nello stesso contesto culturale cioè di Lorenzo Veneziano e dei suoi seguaci.

Più unico che raro è l'esemplare inserito nel XX secolo in facciata alla chiesa S. Bartolomeo a Barcola, originario della demolita chiesa S. Rocco (denominata anche S. Pietro). La rarità consiste nell'epoca di esecuzione, il secondo terzo del XVII secolo, ossia in un periodo dominato dalla cultura artistica barocca. Non deve tuttavia destare eccessiva meraviglia il riscontro di lineamenti propri dell'età gotica, in quanto il territorio giuliano fu perennemente in stretta connessione con la cultura slovena, a sua volta luogo di evoluzione lungo tutto il corso del Rinascimento e oltre dei modelli gotici. A Barcola il rosone dipende dal proprio ambiente, dove i decori assumono le sembianze di elementi strutturali, essendo incrementati nella massa a scapito della levità, pur nel mantenimento del repertorio grafico tradizionale.