Le testimonianze di scultura in funzione architettonica presenti nel litorale triestino descrivono esaurientemente il momento culturale del Romanico giunto a maturità nel corso del XII secolo; quando cioè dopo il prosciugamento delle forme naturalistiche entro la rigida massa litica, la pietra medesima diventa tema fondante per elaborazioni originali.

Appartengono a questa filosofia le protomi umane sugli spigoli del protiro di S. Silvestro a Trieste al pari di quelle sull’ambone di S. Maria Assunta a Muggia Vecchia: non tanto forme umane pietrificate, quanto piuttosto pezzi di pietra ravvivati col semplice pretesto del soggetto naturale. E ciò si estende a maggior ragione nei corredi architettonici, tradizionalmente dominio dell’elemento vegetale, come appare dalle foglie di vite sul leggio dello stesso ambone muggesano.

La vocazione ormai propria di creare dalla e con la pietra si manifesta disinvoltamente a cominciare dalla cupola nel sacello di S. Giusto. In essa si muove la danza delle arcatelle cieche, contrappuntata dai pennacchi sferici risolti graficamente a doppia lamella, per imitare le trombe angolari armene. Ma qui come nel modello pittorico del battistero di Concordia (inizio del XII secolo) la componente armena rimane solo nelle premesse.

La naturalezza della massa articolata travalica trascende tanto dall'artifizio bizantino quanto da quello armeno, e diviene vero soggetto principale, come ci dimostra il rosone di S. Silvestro. Innanzitutto i capitelli cubici con due palmette laterali, che si armonizzano coll'elemento vegetale stilizzato, come la rosetta – per tre volte a rilievo attorno all'oculo centrale – e il trifoglio, in versione di triforium o trilobo, costituente lo stesso oculo e replicato per otto volte nella congiunzione delle arcatelle. Inoltre un vero e proprio compendio di filosofia romanica presenta qui gli archi armonizzati con agilità eppure individuabili singolarmente, una sobria decorazione a lobature – in rilievo e a traforo – delle rosette e dei trifogli, ad attenuare come in un ricamo a punto inglese la densità della materia.

Tutt'altra scuola di pensiero nel rosone del XIV secolo in facciata a S. Giusto, dominato decorativismo calligrafico a intreccio illusionistico, a tratti addirittura spinoso, pur senza ottenere l'effetto a Zackenstil. Di lì a cent'anni nella vicina Muggia, nel Borgolauro, il rosone con al centro la Madonna con Gesù Bambino che arricchirà il duomo propone un'accentuazione della spinosità negli archi; ma oramai siamo nel 1467, e s'è già imposta una cultura che rasserena la tensione gotica attraverso una nuova euritmia proporzionata, offrendo una via per conciliare il trascendente col mondo terreno, umanizzando la grafica astratta per immergervi i concetti umani.

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Trieste. S. Silvestro, protiro con
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Muggia Vecchia. S. Maria Assunta,
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Trieste. S. Giusto, cupola (XII
Concordia. Battistero, cupola (inizio del
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Trieste. S. Silvestro, rosone (XII
Trieste. S. Giusto, rosone (XIV
Muggia. Duomo, rosone (1467)
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