TRA CINQUECENTO E SEICENTO.

TRE OPERE DI PREGIO MA POCO STUDIATE

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Matteo Ingoli, pittore ravennate (1587-1631), fu autore nel 1626 di un pregevole dipinto, Sant'Andrea tra San Martino e San Nicolò, esposto in S. Giusto Martire.

È diffusa nel quadro una precisa definizione dei soggetti, quasi fossero ritratti, specialmente San Martino, mentre l'angioletto che reca a Sant'Andrea la palma e la corona del martirio e il povero della donazione risultano più tipizzati. L'apostolo è dei tre santi il più etereo, mentre si volge verso l'alto in atto di orazione. San Nicolò ritorna assieme a San Martino nel registro inferiore della dimensione terrena, solennizzato vieppiù dall'elegante paramento che indossa.

Da sinistra l'ambiente è rischiarato da un fascio di luce, che l'Ingoli sfrutta per calare la scena in un'aura sacrale, che permei il realismo figurativo di mistica emotività.

Qui accanto si osserva una Crocifissione con Maria Vergine, Santa Maria Maddalena, San Giovanni Battista e un offerente; proviene da un privato che la lasciò in eredità alla Diocesi di Trieste. Si tratta di un quadro inedito al momento della sua pubblicazione nel presente sito.

La stesura delle forme, dalle linee assimilate alla tinta, i volti assorti in contemplazione e le tinte poco sature ma suggestivamente ombreggiate conducono a un ambito veneto o forse veneziano tra l'ultimo quarto del XVI secolo e il primo del XVII, a un artista conoscitore dei modi di Tiziano Vecellio, che al pari del suo allievo veneziano Giovanni Contarini (1549-1604) segue una trattazione del colore poco vivace e tendente al freddo, ravvivando l'espressione tramite una sapiente concertazione di luci.

Il quadro qui accanto è realizzato in olio su lastra di rame; a causa del precario stato di conservazione risulta ora alterato nelle sue caratteristiche.

Rappresenta la Madonna con Bambino adorati da San Floriano e da un santo vescovo. La cultura relativa all'artista dell'opera va individuata ancora in area veneta, attorno alla metà del XVII secolo.

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